PHILIPPE PETIT: UN FUNAMBOLO TRA LE TORRI

Un filo d’acciaio teso nel vuoto,
un progetto a lungo sognato
in tutte quelle giornate passate in equilibrio
per prendersi della vita ludibrio.

Philippe dall’infanzia agitata,
dall’adolescenza travagliata,
ha da sempre pensato alla magia
all’arte, al teatro e alla poesia.

La giocoleria e il funambolismo
gli diedero un certo ottimismo,
fino a tendere quel filo sulla gotica cattedrale
per sentire da lassù l’odore del mare.

Le campane di Notre Dame, suonarono a festa,
la gente plaudente, affacciata alla finestra.
Poi ancora a Sidney e le cascate del Niagara,
a celebrare la conquista d’una vetta pari all’Ortigara.

Le due Torri di New York
Avevano il profumo di Palermo, e di Cork,
della conquista del proibito
lassù, dove nessun uomo era mai salito.

417,5 metri dal suolo
del solo vento il suono,
un cavo da 3 centimetri di spessore,
una sacca in cui nascondere le paure.

Gli amici tirano e fissano sulle torri
Lui studia e pensa “dai, corri”
Alle 7.15 comincia la traversata
Che ben otto volte verrà completata.

Sul tetto intanto è arrivata la polizia!
Davvero non si potrà scappare via.
Arrestato il nostro funambolo ardito,
venne portato in carcere, contento e plaudito.

L’impresa era compiuta!
Mai si sarebbe pensato,
che un uomo potesse sfidare la gravità
con un’asta oscillante di qua e di là.

Eppure, il coraggio e la lucida pazzia
Ha portato Philippe oltre la fantasia,
Quel Petit che di piccolo nulla faceva
e solo il cognome, aveva!

Oggi mi viene da ricordare che quell’impresa
È diventata leggendaria e mai ripresa.
Nel futuro alcuno potrà ripetere il gesto ardito
Che dei folli hanno le torri abbattuto.

Che la magia e la fantasia possano sempre superare
La crudeltà e la stupidità dell’umano furore.
Che il coraggio e la sana follia
Nutra l’umana genia.

Pubblicato da grammaticadellafantasia

“Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare” Novalis (1772-1801) Grammatica della Fantasia è un omaggio a Gianni Rodari, alla sua capacità di capire chi ascoltava e inventare storie che potessero conquistarlo. Essere un alchimista della parola è possibile anche in questo mondo fatto sempre più di immagini, di forma, di apparenza. L’obbiettivo e ampliare il proprio orizzonte attraverso “la carica liberatoria della parola” che diventa carburante e mezzo di trasporto verso la concretizzazione dell’immaginazione.