NAPOLEONE E LA MATEMATICA

Napoleone Bonaparte morì a Sant’Elena in un esilio che ben poco aveva di imperiale ed eroico. Solo, in mezzo all’oceano probabilmente scrutava l’orizzonte alla ricerca di risposte. La sua gloria passata sarebbe rimasta a memoria della sua vita. Ma esiste un’unità di misura della grandezza? Possiamo pensare di mettere in un grafico l’altezza raggiunta e il tempo in cui è stata mantenuta?
Spesso per trovare la soluzione è sufficiente cambiare il punto di osservazione. Cosi faceva Maryam Mirzakhany, enorme scienziata iraniana che da probabile scrittrice divenne la matematica più visionaria e concreta del nostro tempo recente. Riuscì in un’impresa ancora più epocale: far accettare la sua visione del mondo in uno stato musulmano che arrivò a riconoscerne la grandezza.
Il parallelismo con Napoleone è solo apparentemente ardito: vedere le cose come altri non sono capaci di fare, questo fa la differenza.

Come si misura la grandezza?
Questione di altezza, larghezza,
Principio di profondità,
Oppure di umana onestà?

Persone giungono alla fama
Per imprese mai compiute prima,
Raggiungendo vette inesplorate
Dell’intelletto o della regale majestate.

Ei fu. Siccome immobile,
CItava Alessandro ancor non promesso labile,
Di quel Bonaparte che aveva dichiarato guerre
Arringato folle e conquistato terre.

Si ritrovò solo soletto
Su quel pacifico isolotto
A contemplar la vita sua
Con la morte a fianco, amica buia.


 

 

 

 

 

La mano dentro il giacchetto,
Il bicorno sul capo stretto,
Lo sguardo all’orizzonte,
Le rughe sulla fronte.

I grandi uomini non si rassegnano.
Vorrebbero l’eternità su un assegno
Da riscuotere tempo dopo tempo
Regalando all’umanità il loro ardimento.

La sconfitta non si accetta,
Si scappa, si combatte, si rigetta,
Ma all’ultimo nemico è obbligatorio prostrarsi,
Con lo spirito pronto a librarsi.

Ma il giorno 5 di maggio,
La grandezza ci regala un diverso assaggio.
Nasceva Maryam Mirzakhany
Donna tra i maschi iraniani.

Da un paese famoso per l’ayatollah,
Maryam studio l’aldiquà
Mettendo in formula illuminata
L’iperbole e altra misura disturbata.

Per lei i problemi erano disegni,
Fiori, curve e colorati segni,
Che poi traduceva, semplicemente.
Anzi, matematicamente.

Già al liceo vinse due medaglie d’oro
Ma la più brillante fu quella che l’algebrico concistoro,
Le assegnò in virtù del suo acume
Che sulle geodetiche gettò un nuovo barlume.

Guardando una ciambella
Osservò l’origine della prima stella
Perché Sapeva guardare da molteplici prospettive
Trovando soluzioni innovative.

Ma il suo primato più grande,
Fu quello di ribaltare il pensiero della gente,
Andando su tutte le copertine a capo scoperto
Senza essere guardata con sospetto e sconcerto

Il suo essere donna in un mondo prettamente maschile,
le permise di portare grazia e sensibilità,
nell’universo della pragmatica razionalità
insegnando a vedere oltre il limite del possibile.

Il destino ci ha privato di questa mente cosi illuminata
ma la sua grandezza rimane invariata.
Sia d’esempio a chi sta cercando di comprendere
il cosmo, la vita e le altre meraviglia.

 

Post scriptum: non essendo un matematico mi scuso a priori per eventuali inesattezze abbia inserito nel testo. Questo vuole solo essere un omaggio ad una grande donna prima ancora che eccelsa scienziata.

Pubblicato da grammaticadellafantasia

“Se avessimo una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare” Novalis (1772-1801) Grammatica della Fantasia è un omaggio a Gianni Rodari, alla sua capacità di capire chi ascoltava e inventare storie che potessero conquistarlo. Essere un alchimista della parola è possibile anche in questo mondo fatto sempre più di immagini, di forma, di apparenza. L’obbiettivo e ampliare il proprio orizzonte attraverso “la carica liberatoria della parola” che diventa carburante e mezzo di trasporto verso la concretizzazione dell’immaginazione.